Un Regio Decreto a protezione dei vaccini, però… “incostituzionale”

Accadde l’ultimo giorno d’inverno e con un sincronismo perfetto, come in ogni vera spy-story che si rispetti, emulando un romanzo di John Grisham, Robert Ludlum, Ken Follett o Dan Brown.

Nove mesi prima della definitiva entrata in vigore del Servizio Sanitario Nazionale così come era stato voluto dalla ministra democristiana Tina Anselmi con la Legge 833 del 23 dicembre 1978, tramite il quale lo Stato italiano si sarebbe accollato da quel momento in poi i costi di medicine, vaccinazioni e prodotti galvanici e farmaceutici per la tutta popolazione, la Consulta dichiarò “incostituzionale” una vecchia norma del Ventennio che dichiarava non brevettabili non soltanto i farmaci e i medicamenti in genere, ma pure le modalità di sintesi e produzione industriale.

La Corte Costituzionale, attivata l’11 aprile 1975 da ben diciotto iniziative in materia e simultanee di una improvvisamente vivace Commissione dei Ricorsi dell’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, organo che nell’ordinamento italiano è sopravvissuta con la natura di giurisdizione esclusiva e speciale”, cassò il primo comma dell’articolo 14 del Regio Decreto 29 giugno 1939, numero 1127.

Una Legge figlia dei primi codici piemontesi

Tale norma era lo strumento con il quale il legislatore fascista, restando in perfetta linea di continuità con i principi della legislazione piemontese e preunitaria di metà Ottocento e in ottica autarchica, intendeva vietare la sottoposizione a brevettazione della produzione dei medicamenti e dei loro processi di fabbricazione.

Lo smantellamento del previgente sistema di cura (complesso sì, ma non troppo oneroso), attraverso il quale ciascun ente era competente per una determinata categoria di lavoratori che, con i familiari a carico, erano obbligatoriamente iscritti allo stesso e, in questo modo, fruivano dell’assicurazione sanitaria per provvedere alle cure mediche e ospedaliere, finanziata con i contributi versati dagli stessi lavoratori e dai loro datori di lavoro, accelerava il passo verso un’estensione generalizzata dell’assistenza sanitaria: l’INAM (Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro le Malattie), creato nel 1943 e soppresso nel 1977, fu la più importante forma di mutua.

Coinvolgendo le Regioni, che soltanto sette anni prima avevano finalmente trovato cittadinanza nella storia e al livello più alto nell’ordinamento costituzionale italiano, il Governo Andreotti IV puntò a un modello di sanità inteso come “diritto fondamentale dell’individuo ed interesse della collettività, nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana”: un fine nobilissimo benché costosissimo, come la storia si incaricherà di dimostrare.

L’incostituzionalità di un’ampia sezione del Regio Decreto firmato quarantotto anni prima da Vittorio Emanuele III di Savoia fu sostanzialmente motivato dalla Consulta con l’assenza di un nesso logico e causale fra brevetti esclusivi ed elevati prezzi al consumo dei medicamenti destinati agli ammalati e con il mutamento dello scenario internazionale in materia di ricerca scientifica e della pace.

Tutti i colossi farmaceutici in giudizio a Roma

Però, qualcosa vorrà pur dire se il 20 marzo 1978 in Piazza del Quirinale, in una Roma ancora scossa dal ritrovamento del corpo e dall’uccisione di Aldo Moro quattro giorni prima, dinanzi alle toghe nere bordate d’oro dei magistrati della Corte Costituzionale, le principali multinazionali farmaceutiche americane, inglesi, francesi e tedesche dell’epoca si costituirono in giudizio.

Elenchiamole, perché molte di loro sono ancora sul mercato: Dott. Madaus & Co; United States Borax and Chemical Corporation, Röhm & Haas GmbH, Fisons Pharmaceutical Ltd., Lovens Kemiske Fabrik Productionsaktienselkab, Kyowa Hakko Kogyo Co. Ltd., Soc. I.S.F., Farbwerke Hoechst Aktiengesellschaft, CIBA Societé Anonyme; Smith Kline & French Laboratories, The Upjohn Company, Beecham Group Limited, Ugine Kuhlmann, Société Rhone-Poulenc e, infine, Astra Pharmaceutical Products Inc., che oggi conosciamo per uno dei vaccini contro il COVID19.

Lascia un commento